L’avvento letterario dell’anno.
Ci viene pure Peppe Grillo.
Madonna
14 NovC’è un tipo che una sera ci ferma e dice che lui vuole unire tutti gli scrittori anarchici del mondo. Sto tipo è canadese, barese, francese di Firenze, ma ha vissuto più che altro in Australia, mi sembra. Naturalmente noi rispondiamo al suo appello e gli forniamo, a parte noi stessi, i migliori scrittori della rivista, che magari anarchici non sono, però autori sì, e quindi, e quindi niente.
Questa cosa si chiama Subversion. Subversion II. E viene presentata così da Giò Notte:
“Subversions è un progetto letterario che nasce nella città di Montreal e che coinvolge autrici e autori sparsi tra Europa e Nord America. Si tratta di un antologia dove sono raccolte novelle a sfondo anarchico scritte o ispirate da azioni o pratiche anarchiche che legano direttamente o indirettamente l’autore o l’autrice delle stesse. Quest’anno siamo al suo secondo volume all’interno del quale vi sono raccolti i testi di 28 scrittrici e scrittori. La particolarità di questo volume risiede nel fatto che all’interno si possono leggere novelle scritte in francese, inglese e italiano. Un dato di fatto di per se già sovversivo, se si considera che nella ‘democratica’ land canadese scrivere e pubblicare in lingua straniera, cioè che non sia il francese o l’inglese (le due lingue di Stato), è ufficialmente intollerabile. Ma Subversions non figura come un prodotto di commercio da tollerare, un prodotto che rivendica la sua legittimità perché legittimi sono coloro che lo dichiarano, forti di un consenso a senso unico, no.
Subversions è il frutto di un Collettivo che considera possibile una contro-cultura come alternativa alla cultura atomizzante e soporifera dei nostri giorni, che considera possibile tramite un azione diretta e solidale di realizzare ciò che altri per puro conformismo e obbediente devozione non osano, che considera possibile che un giorno la cosiddetta contro-cultura diventi finalmente la cultura, che considera possibile che tutti-e devono averne accesso e quindi che considera urgente la sua diffusione. Un impegno. L’impegno che da più di due anni il Blocco degl’autori-ci anarchici, l’AWB (l’anarchist writers Bloc) originario della metropoli quebecchese si è prefissato : allargare l’orizzonte culturale in un contesto sociale anarchico.
Da qualche anno c’è il FITAM (il Festival Internazionale di Teatro Anarchico a Montréal), l’unico esistente ad oggi, che ha aperto le porte per ricevere compagnie e teatranti da ogni parte del globo e programmare gruppi sconosciuti cosiccome ricevere icone che hanno fatto la storia del teatro impegnato degl’ultimi 40 anni, vedi il Leaving Theatre di NY. Alcuni membri del collettivo sono direttamente coinvolti.
Il collettivo prende forma all’occasione dell’undicesima edizione del salone del libro anarchico, che si svolge ogni anno durante il mese di Maggio a Montréal. Una manciata di autori-ici militanti fanno cerchio e discutono a viva voce dell’emergente necessità di promuovere le teorie e le azioni legate all’anarchismo – già diffuse ampiamente da un movimento letterario legato ad azioni militanti e sociali – con un movimento letterario invece a supporto di una contro-cultura artistica.
Un anno più tardi tra le pagine di presentazione della prima raccolta di novelle anarchiche Subversions, di cui otto scritte in francese e otto scritte in inglese, ecco la risposta che le annuncia come : « … ancora e sempre una forma di resistenza perché ispirate da una libertà creatrice che non è una formula vuota da abbandonare ai gourous della pubblicità o agl’artisti designati da un potere alla ricerca permanente di legittimità », mentre nella prefazione una grande dama di teatro e letteratura Monique Surel-Tupin, fa riferimento a ciò che Caroline Granier scrisse nel suo libro Les Briseurs de formule : « L’ambizione di questi scrittori non è di servire la letteratura, ma al contrario impegnarla per ridargli i suoi pieni poteri ».
Con Subversions 2 si conferma una coerenza e una realtà che piano piano prende forma, quell’utopia di poter crescere senza dover essere per forza accompagnati da padri e padroni. Per due anni un attività densa si è sviluppata intorno al Blocco per l’autofinanziamento dei due volumi. Un vero movimento culturale attraverso molti cabaret, presentazioni teatrali e atelier di letteratura che hanno creato il presupposto di quell’unione libera tra i tanti artisti e scrittori spesso isolati e soli nella loro lotta e che si sono uniti come nuovi membri diretti o indiretti del collettivo. Raoul Vaneigem nella sua prefazione di Sub vol.2 attesta quell’ambizione che due anni fà venne sperata da quella manciata di militanti di cui facevo parte : « La creatività su tutte le sue forme è oggi la garanzia più sicura per l’emancipazione individuale e collettiva…» E l’antologia cresce con un apertura internazionale che coinvolge direttamente anche diversi scrittori e scrittrici italiani, otto testi vengono selezionati. La rete si allarga e la sua diffusione s’intensifica, oggi siamo a Roma. Intanto il bando di diffusione per partecipare al terzo volume è già in corso.”
Ho cancellato alcune frasi che mi sembravano un po’ troppo, ecco.
I nostri racconti fanno brutti quelli degli altri stati non lo so.
Siamo tutti più uniti?
Chi può dirlo?
Io?
.
Garrapa vs Santoni vs Tutti i ragni – Round uno
22 OttCaro Vanni,
(alle 21 e 26 del 13.10.2012)
ho finito di leggere Tutti i ragni e adesso quando vado nel sottoscala nel mio monolocale soppalcato che ospita gli innumeri contenitori differenziali dei rifiuti, mi guardo bene intorno e sopra e non temo i ragni più di prima. Io sono nato nel regno della Taranta. La tarantola, il suo morso, simbolicamente, è diventato un fatto d’antropologia culturale, e un evento: la festa della Taranta, dove in pratica nessuno, o quasi, sa chi sia De Martino che appunto alla terra ragno_salentina del rimorso ha dedicato studi e interpretazioni. Questo per dire che l’antropologia del racconto che ho letto dilata il mio spazio temporale. Quello che cerco nella lettura: un piccolo mondo postdigitale. Il tempo spaziale invece è quando, leggendo qui e ora, rivedo me, lì e allora, nella casa di prima mentre
ascolto musica con le cuffie in stato alterato d’incoscienza e il filo lungo e nero che travasa un terribile sound hard – house dal cellulare travestito da piccola radio, cosa che mio padre fa ancora dall’altissimo dei suoi 80 anni e che fa incazzare terribilmente la mia mamma che dice togli le cuffie ché se no qualche volta di strozzi col filo, macché
cerco di spostare il filo stranamente semovente a zigzag delle cuffie che solletica il petto villoso del sottoscritto mio malgrado e suo malgrado il filo non vuol saperne e ritorna filiforme sostanza elastica al suo ordine congelato e prova e riprova alla fine faccio luce sulla situazione pettorale visto che il filo sembra peduncolare verso la gola e i peli amplificano il movimento e io smetto di non farci caso incolpando gli ettolitri di birra ingollati poc’anzi \ il torso nudo \ l’estate afatica e impertinente che boccheggia misteri e faccio luce insomma sulla boscaglia dove il filo sembra diventato un phylum di animale strano
cazzo! è un ragno grosso e gonfio pure lui e una manata lo scaraventa non sul parquet ma sul tenutissimo pallore del coprimaterasso bianco e lo vedo zampettare e io temo di non poter urlare e mi immobilizzo e addio trascesi alcoolica sonora il ragno come è possibile da dove è precipitato
due ore dopo sono un unico occhio sbarrato contro il lampadario: è lì, stanno lì. Drammatizzo una famiglia di ragni il cui figlio sbronzo m’è caracollato addosso mentre tenta di rientrare nella sua tana e m’incazzo terapeuticamente perché mica posso subaffittare una stanza a una famiglia di ragni del lampadario che lasciano cadere figli ubriachi alle due di notte, e tutto questo elicitare inconscio che mi viene mentre leggo, e non parliamo poi della musica goa e tekno che mi familiarizza ulteriormente la visione altra delle cose minimali e sottocutanee, sotto la superficie della pelle degli eventi,
tutto questo non può che colpirmi, tieni presente che nel nome e soprattutto nel cognome si tiene stretto il succo di ogni destinazione vitale
Vanni, sei un Santone, illumini, senza accecare, solletichi il mio istinto psicanalitico, mi invogli a letture sciamanico_lacaniane. Mi cogli nel momento, nel kairos del mio studio analitico. Ecco: il romanzo di come – sì, secondo me è un romanzo, che c’entra il numero di pagine? C’entra nel frattempo quanto è durato il tempo interiore dell’autore, il romanzo, e poi scusa, l’Ulisse di Joyce è più romanzo del grande Gatsby solo perché non finisce mai? – può decorrere una malia, più che fobia, il romanzo è un romanzo di informazione su come puoi scacciare con un gesto della mano tutti i ragni della tua vita \ gesto sciamanico \ magia. Ecco, scaccio il ragno oltre la chiusura lampo di una tenda_caverna platonica e l’occhio sguscia dal corpo immaginario, richiama l’A ltro, finisce Tutto e raccogli materno il ragno dei ragni e chiedi pure il latte, bianco, la luce, la galassia.
Ho la pizza in forno, il timer del forno che scatta e il ragno che appare, mi fa sobbalzare, lui, l’autore è in Texas e mentre si volta, sta leggendo, io sto leggendo, un ragno, il timer termina il suo tempo, trilla e io salto, l’autore salta, ho i brividi, così come salendo le scale del soppalco ho temuto di vedercelo pure io un ragno e non avrei sorpassato il gradino,
Questo mi basta per aver ancora voglia di scrittura e di scrivere in questo trasecolante secolo gramo di genialità e colmo di omologanti fascismi psicotici.
p.s.
anche la forma, la carta del libriccino, per me che spesso amo tergiversare i luoghi, più che attraversarli, è adatta a starsi accanto nell’elaborazione di un lutto o di un abbandono, e per me, la fine del romanzo-libriccino è stata traumatica, però, grazie alla terra, a Dio e a Lacan, conseguo un risultato iniziale alla fine del libro, cioè la voglia di battere la tastiera e cercare piacere gratuito nel dire senza recensire o commentare, lungi da me commentare o recensire il linguaggio dell’anima, la dissezione critico_umanista che di umano non ha nulla, nel dire, in questa cosa godo, godo nel dire: quanto cazzo è bello ‘sto libriccino-romanzo, perché non continua?
p.s.s.
vuoi mettere un libro che ti fa vedere il disguasto o il disgusto? Il disguasto confuso per fobia e il disgusto perché ti diverti ormai a scrivere del disgusto fobico? Un romanzo che non parla di fobie ma di malie dello sguardo interiore e che da sotto fuoriesce a vedere il suono, magari il silenzio di quel suono, il vuoto, non l’assenza di una presenza, ma il vuoto e basta, contrapposto al pieno
p.s.s.s
no, dai, un triplo p.s. non esiste oppure sì, e dice: studiate lo stile dei ragni, traducete, senza tradire, il linguaggio dei sogni.
Grazie Vanni.